Al fondo della Piazza, a nord, si trova l’imbocco di Via Frichieri, un tempo detta Via Santa Chiara. Qui si trovava il quartiere dei Provana.
I Provana di Carignano furono di certo la famiglia più importante della città attraverso i secoli. La loro arma gentilizia era una vite ricca di grappoli (il nome Provana forse derivò dal latino propago, o dal francese provin, ossia ramo di una pianta che forma fittoni e radici se coricato sulla terra) cui si aggiunse una colonna, per privilegio ottenuto da Papa Martino V della famiglia Colonna, che, di ritorno da Costanza, fu ricevuto con tutti gli onori da Giovanni Provana abate del monastero della Novalesa. A metà del XIV secolo, la famiglia aveva già raggiunto una grande potenza economica; nel 1360-1, il principe Giacomo d’Acaja, che aveva invaso le terre del conte di Savoia, attaccò i Provana di Carignano, confiscando beni e palazzi. Con la fine della crisi, sconfitto l’Acaja, la famiglia riottenne tutti i suoi possedimenti, a discapito soprattutto delle famiglie guelfe alleate dell’Acaja, quali i Sertori. Tra XV e XVII secolo, giunsero a possedere una cinquantina tra castelli e ville sparsi per il Piemonte, I personaggi più importanti per la storia di Carignano furono: Oberto, che nel 1235 fondò l'ospedale per i Pellegrini negli airali di S. Remigio; Stefano e Tommaso, che nel 1338 furono governatori in Val d'Aosta per conto dei Savoia. Di Giacotto Provana, signore di Brillante e Castelrainero, resta la lapide terragna del suo sepolcro, un tempo nel monastero di S. Chiara ed oggi ospitata alla Galleria Sabauda di Torino (una copia è conservata nel museo civico carignanese).
All’angolo tra Piazza S. Giovanni e V. Frichieri sorge il Palazzo dei Gianazzo di Pamparato, altro edificio d’origine medioevale che fu acquisito nel XVII o XVIII secolo dalla famiglia nobile dei Gianazzo, i quali fecero chiudere i portici e abbellire la casa.
All'inizio della via prende corpo la casa parrocchiale, edificio di data imprecisata e frutto di varie modificazioni occorse in tempi diversi. Prima del 1764, la casa parrocchiale pare appartenesse al Comune di Carignano, come si deduce da uno scritto del prevosto Ceresia, il quale cercava di convincere la Comunità a farsi carico delle spese di riparazione. Di questa prima costruzione, più volte restaurata a spese del prevosto Giovan Battista Mola, resta solo l'antica sacrestia della parrocchiale e una camera sopra di essa; un tempo era detta "sacrestia delle donne", ed è tutto ciò che rimane della chiesa consacrata sul finire del '400: una residua finestra gotica ne data l'età. Per l'attuale casa, di cui non conosciamo il nome del progettista, lasciò disegni anche l'architetto Bernardo Antonio Vittone, sfatando la diceria popolare che il grande artista non avrebbe più lavorato in Carignano, dopo la scelta di utilizzare i disegni dell'Alfieri per la fabbrica del duomo, anziché i suoi.
Un interessante gruppo di case è disposto tra Via Frichieri e Via Monte di Pietà. Di particolare interesse è la casa posta all'angolo, ornata da due splendide finestre gotiche. Alcune case medioevali sul lato opposto alla casa d'angolo, furono abbattute agli inizi del XX secolo, per far posto all'ingresso del Lanificio Bona & Delleani: durante gli scavi per gettare le fondamenta della fabbrica, fu ritrovato un piccolo tesoro di vecchie monete d'oro del XIV secolo. Lo slargo che fu ricavato dall'abbattimento degli edifici antichi, oggi è impreziosito da un portale in stile neobarocco (opera dell'arch. Momo) e dall’elegante Palazzina degli Uffici del Lanificio (che conserva le interessanti finiture lignee degli sportelli e una bella scala con ringhiera di ferro battuto).
In Via Monte di Pietà, le ristrutturazioni di alcuni edifici, eseguite in età barocca, rendono difficile una lettura degli edifici medioevali. Al n. 6 di V. Monte di Pietà, sorge il vecchio Palazzo del Monte di Pietà (o delle Opere Pie), già Casa Uglio, al cui interno un bello scalone in stile neoclassico conduce ad un grande salone di gusto barocchetto. Sul muro dell’edificio vicino, è dipinto un affresco che raffigura la S. Sindone, sorretta dalla Madonna, da S. Giovanni Battista e da S. Pietro, sovrastati da angeli; la cornice, barocca, data l’opera al XVII secolo. Poco oltre, al n. 1 di V. Monte di Pietà, troviamo Palazzo Provana del Sabbione, d’origine medioevale, come denunciano le tracce di merlature ritrovate nelle soffitte. All’inizio del ‘900 fu acquisito dalla famiglia Bona, proprietaria del Lanificio, che fece riaffrescare molte delle sale interne dal pittore Adalberto Migliorati. Sede del Municipio dal 1969 al 1995, oggi purtroppo giace abbandonato e nella attesa di una destinazione d’uso.
Al fondo della via (al n. 14), all’angolo con Via Roma, l’ex Palazzo della Pretura, d’origine secentesca, conserva un bel cortile in sternito e un sobrio portale sovrastato da un bell’intaglio ligneo, opera di minuseria settecentesca. Nel ‘900 fu comprato dalla famiglia Bona per realizzarvi alloggi per i dirigenti del Lanificio.
Dopo questa breve digressione in V. Monte di Pietà, torniamo su V. Frichieri, nel tratto che prosegue verso l'ex lanifìcio Bona (Nuovo Municipio), Qui sorgeva il secondo monastero di Santa Chiara. Il primo monastero, che risaliva forse al 1250/70, era posto fuori delle mura, nella zona degli airali, nelle vicinanze della chiesa di S. Remigio. Fu distrutto durante la guerra tra Giacomo d'Acaja e il Conte Amedeo VI di Savoia (1360-61). Le monache furono per alcuni anni ospiti dei Provana in alcune delle loro case. Il nuovo monastero crebbe negli anni sino ad occupare una vasta area ove poi sarebbe sorto il lanificio Bona & Delleani agli inizi del XX secolo. Restauri recenti hanno restituito parte del chiostro seicentesco. Nel 1997, durante i lavori di recupero dell'area del Lanificio per ottenere un centro polifunzionale, è emerso un lungo tratto delle mura di difesa, che probabilmente furono fatte erigere dagli Acaja e successivamente rinforzate. Esse furono abbattute nel 1555 su ordine dell'esercito francese, che aveva conquistato la città. Parte delle mura oggi è visibile percorrendo il parcheggio sotterraneo (ingresso da Via Porta Mercatoria). Tutta l’area del monastero fu occupata, tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 dall’imponente Lanificio Bona & Delleani.
Dopo la soppressione del monastero, il Comune e vari privati avanzarono numerose proposte per il riuso dei locali: industria, manicomio criminale, stabilimento carcerario, una scuola d’avviamento professionale. Nel 1884, l’Amministrazione Comunale, che voleva risolvere in qualche modo il grave problema della disoccupazione, tentò un accordo con i fratelli Colongo Borgnana di Biella, per l’impianto di un Lanificio; dopo il rifiuto di don Bosco ad aprirvi una scuola, i Colongo Borgnana acquisirono l’area, che cedettero nel 1888 ai fratelli Bona. Il Lanificio si sviluppò includendo, poco per volta, tutto l’edificio monastico, ed abbattendo la chiesa di S. Chiara, disperdendo il ricco patrimonio d’arte accumulato nei secoli dalle clarisse.
Dopo la chiusura dello stabilimento, che diede lavoro ad un numero elevato d’operai, il Lanificio fu oggetto di una vivace discussione per il suo riutilizzo. Prevalse il progetto del razionalista Alberto Sartoris, che aveva ideato un centro polifunzionale in cui trovassero posto vari servizi: Municipio, Museo, Biblioteca, Teatro-Sala Polivalente, Scuola Professionale, una piazza verticale e parcheggio sotterraneo.
Il tratto di via adiacente all’ex lanificio era detto anticamente di “S. Chiara” (ancora oggi persiste il toponimo "Santa Clara"). Purtroppo tutta l'area ormai non è più leggibile, a causa della costruzione del Lanificio e degli interventi di recupero dell'area secondo il progetto di A. Sartoris. È scomparsa anche la dilatazione della via in corrispondenza della facciata della chiesa di S. Chiara, opera di Lanfranchi, abbattuta nel 1906. Dopo aver incontrato al n. 30 la settecentesca Palazzina San Martino Della Morra (visibile dalla balconata del nuovo Municipio), nel '900 proprietà dei Delleani, soci con i Bona nel Lanificio, il percorso prosegue, scendendo verso la confluenza con l'attuale V. Porta Mercatoria. Al n. 38, una lapide segnala che nella casa nacque il notaio Sebastiano Frichieri (Carignano, 1702-1772), grande benefattore della Città, che contribuì finanziariamente alla costruzione del Duomo.